L’evoluzione da semplice bevanda a strumento di socializzazione
“Il caffè se non è buono che piacere è”, così recitava un famoso spot pubblicitario qualche anno fa.
In effetti, nonostante gli italiani siano al quinto posto mondiale per consumo, portare alle labbra una tazza di caffè fumante è un gesto comune, ma pochi conoscono l’origine della bevanda, la sua storia e il suo significato sociale. Nelle prossime righe vi racconto qualche elemento per conoscere meglio le sue proprietà e le tipologie di caffè presenti sul mercato.
Ottenuto dalla torrefazione dei semi della coffea, un albero tropicale, viene commercializzato in differenti varietà: arabica, robusta, liberica e excelsa. La prima è la specie che contiene minor caffeina ed è importata dall’Etiopia o dallo Yemen. La robusta invece è coltivata in Africa ed essendo molto adattabile alle condizioni climatiche risulta molto economica. L’iberica originaria della Liberia è la meno diffusa, ma per la sua caratteristica venne esportata in Indonesia e nelle Filippine. L’ultima, invece fu scoperta nel 1903 in Africa e battezzata con il nome di Coffea excelsa. Le specie differiscono per gusto, contenuto di caffeina e adattabilità a climi e terreni diversi da quelli di origine.
Origini e nome del caffè?
Due sono le scuole di pensiero sulle origini del termine. Quella che vuole l’origine dalla parola araba “qahwa”, che in origine identificava una bevanda prodotta dal succo estratto da alcuni semi e che veniva consumata come liquido rosso scuro. Questo bevuto, provocava effetti eccitanti e stimolanti, tanto da essere utilizzato anche in qualità di medicinale. Di tutt’altra opinione chi vuole la derivazione del termine caffè dal nome della regione in cui questa pianta era maggiormente diffusa allo stato spontaneo, la Caffa situata nell’Etiopia sud-occidentale. Molte sono le leggende su come si sia scoperto il caffè: ne citiamo le due principali.
La più conosciuta dice che un pastore chiamato Kaldi portava a pascolare le capre in Etiopia. Un giorno queste incontrando una pianta di caffè cominciarono a mangiare le bacche e a masticare le foglie. Arrivata la notte le capre anziché dormire si misero a vagabondare con energia e vivacità mai espressa fino ad allora. Vedendo questo il pastore avvisò l’abate di un convento vicino e questo individuò la ragione, abbrustolì i semi della pianta mangiati dal gregge, li macinò e dopo averne fatta un’infusione, scoprì il caffè. Le capacità eccitanti della bevanda furono presto sfruttate in ambito religioso per le veglie notturne.
Meno nota la leggenda su Maometto: si narra che un giorno in cui il Profeta si sentiva malissimo l’Arcangelo Gabriele gli venne in soccorso, portandogli una pozione inviatagli direttamente da Allah. La bevanda era scura come la Sacra Pietra Nera della Mecca, comunemente chiamata “qawa”. Maometto la bevve, si rianimò di colpo e ripartì per grandi imprese.
I tanti modi di dire “un caffè, grazie”
I modi di preparare una tazza di “oro nero”, variano a seconda delle tradizioni, del luogo e delle mode. Nel nostro Paese le differenze si presentano sul come “servirlo”, piuttosto che sul come “farlo”. Al nord l’Espresso o il Ristretto, che esprimono il massimo dell’aroma con il minimo di caffeina, vengono serviti in una tazzina non necessariamente calda. Al sud invece spesso la tazzina deve essere bollente e affiancata da un piccolo bicchiere di acqua. In molti amano poi macchiarlo con il latte freddo o caldo, oppure come accade spesso nelle località montane, correggerlo con della grappa. Sempre tipici di zone montuose il Valdotaine che si consuma nel recipiente tipico chiamato Grolla e composto da sei beccucci dove il caffè viene condiviso con tutti i commensali e il Calimero presente nelle valli torinesi è ottenuto unendo zabov con caffè. Nell’era delle diete trionfano quello d’Orzo, Decaffeinato e Lungo. Mentre i primi trovano una propria ragione nell’assenza di caffeina, con l’ultimo qualcuno spera che possa “far meno male”. Nella realtà tutta la quantità di caffeina e di prodotto viene ugualmente trasportata nella tazzina e in più si aggiunge anche il fondo che abitualmente viene trattenuto e poi scartato. Di tutt’altra preparazione quello Shakerato, che si ottiene unendo e agitando in uno skeker un semplice caffè con del ghiaccio per poi servirlo freddo come spesso accade nel periodo estivo. A Torino si chiama “Bicerin”. Le origini risalgono al settecento e di cui le dosi della ricetta sono nascoste gelosamente nello storico locale torinese situato davanti alla chiesa della Consolata. Lo si ottiene unendo caffè espresso appena fatto, cioccolata (preparata con un procedimento segreto) e fresca crema di latte. Il tutto viene servito in alti bicchieri che permettono di ammirarne la corposità e gli strati di colori degli ingredienti. A rendergli onore nel 2001 è arrivato il riconoscimento “bevanda tradizionale piemontese” e la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.
Importato dall’estero l’Americano, il Turco, l’Iirish Coffee e il Jamaican Coffee si differenziano per gli ingredienti e la metodologia di preparazione. Quello a stelle e strisce viene fatto con una macchina specifica e la caratteristica è di ottenere una grossa quantità di caffè con una percentuale elevata di acqua in rapporto al prodotto. In tal modo lo si consuma più volte nella giornata. Il turco servito in una tazza grande ha un sapore forte ottenuto dalla torrefazione molto tostata dei chicchi. Gli ultimi due invece si preparano con lo stesso procedimento di versare il whisky rigorosamente irlandese o il rum jamaicano nel caffè caldo e poi aggiungendo la crema di latte o panna.
In viaggio come a casa: caffettiera o macchina espresso?
Bialetti Travel Set Elettrika
Ideale per chi non rinuncia mai al caffè, la Bialetti commercializza il Travel Set moka Elettrika. In camper trova spazio in un qualsiasi stipetto della cucina, perché le sue dimensioni sono davvero molto contenute. Il set, chiuso in una pochette in tessuto, è composto da: una Moka Elettrika, due tazzine in acciaio, due cucchiaini in acciaio, un contenitore per lo zucchero in acciaio e una confezione di caffè Bialetti speciale.
La Napoletana: una tradizione tutta italiana
Icona in parecchi film di Totò e presente nelle cucine di nonne o zie partenopee, la caffettiera napoletana è uno dei tanti simboli della città che sta lentamente scomparendo per lasciar spazio alle pratiche moka oppure alle macchine per l’espresso. L’uso della “macchinetta” napoletana non è complesso, basta fare soltanto un po’ di pratica all’inizio. Ciò che a detta di molti, la differenzia dalla moka o dall’espresso, è il risultato finale: il gusto. Più “rotondo” e leggermente più “lungo” rispetto alla moka, meno aggressivo dell’espresso, ma decisamente più persistenze.
NESPRESSO: un caffè su misura
Nata nel 1986 la Nespresso commercializza ben 6 gamme di macchine espresso per uso domestico. Tra queste la nuovissima Citiz Rossa, grigia, nera, avorio e tanti altri colori che ha un peso di appena 4 kg e può essere trasportata in una comoda bag a tracolla. Il principio di funzionamento è semplicissimo, basta inserire la capsula nell’apposito alloggiamento e premete il tasto per l’erogazione. Le variazioni di caffè sono sedici più quelle aromatizzate e commercializzate nel periodo natalizio, ognuna identificata dal colore della capsula realizzata in alluminio. Questa combinata con le macchina da caffè, genera una dose precisa di caffè, di acqua e di alta pressione in modo da permettere un risultato al pari se non superiore a quello dell’espresso al bar.
LAVAZZA: piccole grandi attenzioni
L’italiana Lavazza commercializza sia la linea “Blu” sia “A Modo Mio” quale soluzione composta da macchina e cialda per realizzare un espresso. Il modello Minù è la risposta alle esigenze di spazio ridotto ideale per caravanisti e camperisti. Compatta e adatta a ogni spazio, facilissima da usare. I quattro colori disponibili, rosso, fucsia, bianco e ciano, portano una ventata di allegria in perfetto accordo con il design che rende Minù compatta, giovane e maneggevole. Infine per viziarsi sino alla fine ci sono le tre “Spumine” cioccolato, latte e nocciola ovvero una schiuma soffice, dalla consistenza leggera e vellutata che arricchisce il caffè.
La caffeina: amica o nemica?
Lungi dal volerci sostituire ad un medico, ma è bene dire che dal punto di vista nutritivo il caffè non e’ un alimento indispensabile per il nostro organismo. Tuttavia alcune sostanze in esso contenute provocano effetti benefici negli organi. Come per ogni alimento, e’ necessario non farne abuso e non consumarne una quantità’ smoderata se non si vogliono ottenere inconvenienti dovuti all’abuso. Diciamo che consumarlo quotidianamente non comporta assuefazione anche dopo lunghi periodi. Si definisce una sostanza cosiddetta “nervina” in cui la caffeina agisce, in generale, sui centri nervosi, provocando un senso di benessere generale, spronando ad essere maggiormente vigili ed attivi sul lavoro non solo fisico, ma anche e soprattutto in quello che richiede maggiore prontezza di riflessi. Una tazzina di caffè contiene circa 5 cg. di caffeina e la sua azione eccitante, che si protrae da una a due ore dopo averla bevuta, agendo sul sistema nervoso cerebro-spinale, provoca un risveglio delle facoltà’ mentali, allontana la sonnolenza e attenua le cefalee e le emicranie in genere. La sua azione benefica arriva anche al cuore come cardiotonico e potenzia il tono arterioso, senza alterare la pressione, migliorando anche la circolazione delle coronarie. Va detto che quest’ultime azioni sono del tutto secondarie e non sono rilevabili nelle dosi usuali delle classiche due o tre tazzine al giorno. Anche ai polmoni arrivano effetti positivi: come il potenziamento della dilatazione dei bronchi, della ventilazione polmonare e che quindi facilitano una migliore respirazione.
Infine per gli amanti del fitness, il caffè potenzia la capacità di contrazione muscolare, riduce la stanchezza, migliora il coordinamento dei movimenti e il rendimento sportivo. Per questa sua azione tonica sulla muscolatura il caffè e’ indicato per gli sportivi, perchè allevia la stanchezza specialmente negli sport di lunga durata, quando maggiormente la fatica si impadronisce del fisico ed i movimenti tendono a farsi pesanti.