Guardate bene l’immagine della Basilica di San Benedetto a Norcia, li c’è parte della nostra cultura, storia, tradizioni, amore per la terra. C’è amore e dolore. In quel luogo troverete anni di battesimi, matrimoni, comunioni, cresime corse all’oratorio, ma anche tanti funerali.
Guardate bene l’immagine devastata dall’ennesima scossa e dite addio a parte del patrimonio storico italiano, che rappresenta il 70% di tutto quello che potete trovare il questo mondo.
Quello che io definisco il “petrolio italiano”: una delle tante nostre ricchezze che non sfruttiamo. Se solo la famiglia Agnelli avesse prodotto “storia” e non automobili…
Eppure nonostante tutto questo scempio, il “fancazzismo della rete” riesce a partorire anche in questa occasione, perle di saggezza.
Basta leggere i commenti rivolti ai fedeli che si sono messi a pregare davanti alla Basilica, a chi trova divertente il crollo di una chiesa, alla continua ricorsa dei numeri per identificare l’entità della scossa, a politici pronti a cavalcare il proprio “credo” politico o peggio all’inerzia di chi ci governa, nel gestire una serie di eventi che si stanno susseguendo da fine agosto.
E pensare che in fondo quelle persone che stanno pregando cercano solo di trovare un supporto, un conforto sapendo di non avere più nulla e tu che sei seduto, al caldo dietro una tastiera, ti permetti di criticare il “Dio” e di rammentare che con la preghiera non si risolve nulla. Già non si risolve nulla se chi la riceve ha il nulla nell’anima. Se non si ha lo spirito e la fede per comprendere la vera natura di una preghiera, l’atto che si cela dietro, difficilmente potrai capire che cosa hanno bisogno quelle persone.
E pensare che per queste persone basterebbe ad esempio, parte di quel supporto logistico e abitativo che viene offerto ad altri disperati che arrivano oltre mare. Fortunatamente il quel caso esistono interessi economici e politici che giustificano tutto anzi ogni forma contraria viene vista come “razzismo”.
E allora che fare? Ci sarebbero tante cose da fare che ognuno di noi potrebbe nel suo piccolo. Tante cose immediate fosse anche una semplice preghiera, una telefonata ad un amico per dirgli “la mia casa è la tua”. Ma poi lo fareste veramente, sacrifichereste spazi e ritmi, voi che all’idea di cedere un posto in metrò siete già contrariati. Voi che se vedete un cane abbandonato lo lasciate solo al suo destino.
Tante cose si potrebbero fare, un semplice sacco a pelo comprato e inviato a chi no ha più nulla o ancora, decidere di trascorrere la propria vacanza invece che all’estero, nel nostro Paese. Spendere i soldini tra la gente che sta cercando di ricostruirsi una vita. Alzi la mano quanti di voi, “leoni dietro le tastiere”, siete andati in vacanza dal 2009 ad oggi nell’Abruzzo e nelle Marche? Quanti di voi acquistano l’olio, il vino e i prodotti marchigiani e umbri? Quanti di voi conoscevano l’esistenza di Amatrice, dei Monti Sibillini o dell’entroterra marchigiano prima di quest’estate? Ecco, tante cose si potrebbero fare sia pratiche sia di spirito, dopo il terremoto per aiutare chi ha bisogno e per nutrire il proprio spirito e la propria anima. Già ma a priori occorre che l’anima esista.
Malta,Cazzola e preghiera.
Forse così gli irriducibili capiranno.
” invano faticano i costruttori se il Signore non li aiuta “.
Dopo il terremoto il paese e stato definitivamente abbandonato, ma passeggiando tra questi vecchi ruderi che sanno ancora di vita vissuta e di affrettata emigrazione, le sensazioni che si percepiscono sono particolari e ovunque i vecchi ulivi, custodi del villaggio, sono vivi testimoni muti di tempi andati.