Come ho organizzato la sosta? Quali limiti e eccezioni sono state concesse e come ho rispettato l’ambiente e gli animali
Sono in molte le persone che in questi mesi mi hanno chiesto, come fosse stato possibile sostare all’interno del Parco Nazionale, organizzarmi con un camper, provvedere al rifornimento di acqua e di viveri, gestire il riscaldamento e i rifiuti. Innanzi tutto è sempre bene tenere presente che si era in una SITUAZIONE DI EMERGENZA NAZIONALE e quindi un’eccezione che conferma la regola: d’altronde non è che normalmente vi è vietato uscire e correre o andare in giro, ma vista l’emergenza ogni comportamento è stato modificato. Questo non significa che ci si poteva comportare in modo anarchico, ma semplicemente rispettando e ringraziando il territorio. Ad esempio la norma è quella che all’interno del Parco Nazionale è vietato il campeggio, ma vista l’emergenza è stata tollerata la mia sosta. Per ringraziare di questo e la disponibilità, avevo trovato un luogo vicino ad rifugio dove nel periodo estivo probabilmente vengono parcheggiate le auto degli ospiti del rifugio e ogni sera ritiravo il tavolo, la sedia e chiudevo la veranda. Proprio per non arrecare alcun disturbo, né per ingolosire un animale attratto dagli eventuali avanzi di cibo. Ogni giorno provvedevo a pulire il luogo dove ero fermo, perché bastava un po’ di vento (e vi assicuro che è una costante giornaliera) a portare sporcizia. Per il primo mese ad esempio, percorsi 50 passi attorno al camper e quello era lo spazio dove potevo muovermi e da tenere pulito e in ordine. L’immondizia (visto il periodo freddo) non è mai stata un problema: suddivisa tra plastica, carta, metallo, vetro e umido, la gestivo nel garage del camper. Così pure le provviste che avevo provveduto a fare in grande scorta e per lo scarico e carico delle acque, veniva fatto ogni 15/18 giorni a Pescasseroli presso l’area di sosta Pescasserolandia, avvisando le Forze dell’Ordine. Il rispetto verso chi in quel momento mi stava ospitando, passava anche verso la natura, gli animali ( vi ricordo che noi siamo a casa LORO e non il contrario, quindi non si da alcun alimento a nessun animale, non li si molesta né spaventa in alcun modo). Nel video che segue trovate le risposte alle prime 10 domande che mi sono state fatte con maggiore frequenza. Siete curiosi di scoprilo? Allora seguite il video
Il primo mese di autoisolamento, lo trascorsi proprio al Passo del Forca d’Acero, con pochissimo segnale telefonico e individuando un luogo dopo aver avvisato i Guardia Parco. La settimana lavorativa, si svolgeva su uno sperone di roccia con il PC e il telefono sulle gambe, ma era l’unico modo per aver connessione con il mondo esterno. Poi al pomeriggio, ritornavo in camper e la linea spariva. Il tempo di una tazza di thè, qualche pagina di un libro e arrivava la sera, il buio, la cena e poi la nanna. Già perché proprio il sonno è stato il primo elemento che ho recuperato.
D’altronde il sonno è l’energia per recuperare le forze. Il secondo elemento fu lo sport. Ogni mattina, alcuni sani esercizi all’aria aperta: la corsa sul posto, gli addominali, le flessioni e ovviamente il camper come “personal trainer”. In che modo? Beh il gradino diventava lo step per le gambe, il cofano la base per le flessioni a 45 gradi e la pulizia dei vetri e interni, diventava l’ora di aerobica. Tutto proseguì in modo costante, sino ad un mattina in cui aprendo la porta trovai un sacchetto di plastica e un biglietto. C’era scritto “abbiamo saputo che vivi in camper, forse potranno tornati utili. Andrà tutto bene”. Aprii il sacchetto e trovai generi di prima necessità. In quel momento capii di sentirmi protetto, di sentirmi a casa e che dovevo ringraziare questa gente. Ma come farlo? Nell’unico modo che conosco: raccontando di loro. Ma questo lo scoprirete solo nel prossimo appuntamento.