Terzo appuntamento con l’angolo donna per scoprire Anna. Un concentrato di volontà e di amore per l’Apecamper. Seguitemi nell’intervista per capire dove nasce la pura passione.
Ci sono persone che incontri nella vita e capisci che puoi avere molto in comune: una vocina che ti fa capire di avere il filo conduttore. Poi per motivi diversi le perdi di vista. Anna è un di queste persone, incrociata nella mia vecchia vita con la passione per il canto. Eppure c’era qualcosa che andava oltre. Passano gli anni e poi è proprio quella passione comune “il viaggio” che ci fa ritrovare. Viaggiare con la casa al seguito, viaggiare lentamente, assaporare il viaggio come vacanza, scorrere lentamente la strada da un finestrino, addormentarsi in un guscio piccolo dopo aver letto qualche pagina di un buon libro. Anna è il terzo appuntamento con l’angolo rosa e l’Apecar è il suo sogno realizzato. Come, non sapete cos’è un’Apercar? Beh vi dico che da piccolo la chiamavo “moto linguetta” e Anna l’ha trasformata nel suo veicolo per le vacanze generando l’ApeCamper.
Chi è Anna?
Oddio Cristiano, premesso che è la prima volta che rilascio un’intervista su di me e ne sono lieta oltre che onorata, non so proprio come descrivermi. Donna, 55 anni, laureata in architettura, ma non sono architetto. In media, ho cambiato, radicalmente lavoro ogni tre anni. Vivo in città e amo la campagna perché li ti rendi conto che le giornate non sono tutte uguali e puoi vedere il passaggio delle stagioni. Curiosa ma senza interessi specifici, mi piacciono le moto e mi affascina osservare la manualità degli artigiani, la perfezione dei gesti nel loro lavoro. Potrei passare infinite ore a guardare la sapienza antica che guida ogni movimento, ogni strumento, l’abilità acquisita che si infonde nei materiali e che anima l’opera dell’ingegno.
Dove nasce l’amore per questo veicolo?
Tu Cristiano sai bene che sono sempre stata una motociclista, ma l’innamoramento per l’Apecar, come mezzo di trasporto è un sentimento antico, risale ancora agli anni dell’università. Erano i primi anni della Parigi-Dakar, dei grandi raid desertici e anche a me, con qualche amico, venne il desiderio dell’impresa: attraversare il nord Africa (est-ovest o viceversa). Era ancora possibile attraversare molte frontiere e Paesi che oggi sono teatro di odio e guerra: di questo “mondo ristretto” sono molto rattristata. Ero abituata a viaggiare in moto portando con me tutto quello di cui avevo bisogno (tenda, acqua, vettovaglie e camping gas), ma per quell’impresa, non disponendo di un’organizzazione d’appoggio e ritenendo di doversi attrezzare ancora di più, era meglio utilizzare un veicolo poco costoso ma con capacità di carico. Il passaggio fu naturale: quale migliore mezzo se non l’ApeCar? Poi la cosa non si è fatta, anche per motivi economici, o per le difficoltà di organizzare il viaggio, o forse per eccessiva prudenza. Chissà? Quel sogno, dunque, è rimasto nel cassetto per tanti anni e la mia vita ha proceduto come la vita di tanti altri, un compagno, gli studi, il lavoro, poi una figlia, una separazione e altre cose.
E poi cosa è successo?
Arriva il 2013 con un’inattesa battuta d’arresto lavorativa. L’affannosa ricerca di nuovo lavoro e molto tempo a disposizione. Come puoi ben comprendere non è facile ricollocarsi quando si ha da poco girato la boa dei 50 anni e ci si trova nel pieno di una crisi economica planetaria. Ecco, allora, cominci a pensarle tutte, a mettere in fila ogni risorsa disponibile, ogni possibile alternativa e, fra queste, penso che avrei potuto avviare una micro impresa di street food a bordo del mio antico amore. Potevo così coniugare l’utile e dilettevole. Poi però pensai bene che a conti fatti, una micro impresa in Italia non funziona e quindi l’idea naufragò ancora una volta. In realtà a pensarci bene la motivazione fu un’altra: il mio sogno con l’Apecar era quello di viaggiare e divertirmi, non quello del lavorarci. Pertanto nella mia testa, più che un “ape negozio”, trovava spazio un “ape camper” e il sogno dell’impresa nel senso dell’avventura. Dovevo necessariamente partire da due cose: un ApeCar e il progetto di un camper. Per tutto il resto, avevo una certezza granitica, non avevo un soldo! Tuttavia è proprio quando le risorse sono scarse che l’ingegno (almeno per me) viene in soccorso; ed io, che mi vanto di copiare, ma di copiare bene, mi sono buttata su internet a cercare tutte le possibili suggestioni e indicazioni a conforto della mia idea; dalle misure esatte del cassone dell’Ape ai tutorial su come sostituire le finestre di una roulotte. Ero determinata, pur non avendo mai guidato un’ApeCar, sapevo esattamente cosa volevo, pur non avendo ancora acquistato il mezzo, avevo già comprato due finestre (di seconda mano) e un portellone da gavone. Un giorno, durante le mie ricerche, mi imbatto nella fotografia di unameravigliosa ApeCamper: era esattamente quello che avevo in mente, era ed è, l’Apecamper di Stefan che da quel momento diventa il mio “maestro”. A lui devo l’esempio, il sostegno, l’entusiasmo e l’incoraggiamento a fare tutto ciò che ho fatto. Quella che vedi oggi è già la versione 2.0. Il primo viaggio in ApeCamper, ha avuto come destinazione Lucerna (CH). Un’avventura, per festeggiare i 20 anni del club svizzero “3Rad Piaggio Power, di cui Stefan è stato presidente per oltre 12 anni e di cui oggi sono membro. Lo feci con la versione 1.0, sempre interamente costruita da me, ma che assomigliava più ad un furgoncino per la vendita delle arance che ad un camper. L’estate prossima ci sarà una nuova versione con arricchimenti sia nella configurazione interna che negli accessori.
Perché Anna hai scelto di viaggiare con un Apecamper?
Non esiste una risposta univoca. E’ come se a te chiedessero perché hai scelto una casa su ruote. Sogno, divertimento, libertà, novità, follia, unicità. E’ un insieme di stati d’animo e di emozioni che si muovono dalla storia personale, dal mio carattere e dalle mie caratteristiche, da ciò che amo fare, da come organizzo il mio pensiero, dal gusto per la sfida, anche solo dal piacere di provarci (mentre Anna parla, capisco che quella vocina mi diceva proprio queste parole, ecco il filo conduttore) Insomma l’aver messo insieme una passione, con tutto quello che ho appreso osservando o che penso di saper fare. Ne è uscito un unicum che mi rappresenta molto bene e che ha ancora molto spazio per crescere, molte strade da percorrere e molte mete da raggiungere. Oggi capisco che ApeCamper è qualcosa che mi identifica. E questo non è poco! Amo le due ruote, ho fatto molte vacanze in moto, sempre in tenda, un binomio per me inscindibile. La moto è avventura, come puoi pensare di scendere dalla sella ed entrare in un hotel? Per me, un controsenso. Ecco dunque, l’ApeCamper soddisfa il mio gusto dell’avventura e l’emozione dell’incerto (il mio mezzo ha già compiuto trenta anni), indiscutibilmente con qualcosa in meno ma anche qualcosa in più: guidando l’Ape non puoi sentire il vento sulla faccia, ma poi godere intensamente della lentezza. Si perché la lentezza diventa il paradigma di riferimento, la distanza tra due punti non si misura più in chilometri, ma con l’unità di tempo. Lo spazio tra la partenza e l’arrivo è pieno di tempo e mentre ti sposti non puoi far altro che assaporare quel legame segreto che esiste tra lentezza e memoria.
Quindi per te l’AperCamper è un sogno realizzato?
Si è la realizzazione di un sogno! Come avrai potuto cogliere, ApeCmper non è solo un mezzo, non è solo una casa, non è solo un progetto,non è solo bricolage. Ogni momento della sua materializzazione, ogni tappa è stata un piccolo o grande successo. Non ho nessun ricordo brutto, ma solo una quantità di emozioni.
Davvero non hai ricordi brutti?
Certamente, qualche momento di tensione, diciamo pure di paura, l’ho vissuto. Ad esempio durante il mio primo lungo viaggio, nel 2016, per andare a Lucerna. Quando, dopo aver caricato sul treno-navetta per attraversare le Alpi, via galleria del Sempione, ho realizzato che la velocità del treno era di molto superiore alla velocità di punta del motocarro. In quel momento, al buio completo, dentro la piccola cabina dell’Ape, ho temuto che qualche pezzo della mia casa potesse essere strappato dalla forza dell’aria e volare contro la fila di macchine che mi seguiva sul vagone. Non avrei potuto fare nulla. Ho acceso una piccola lampadina a batteria, indossato le cuffie con musica a palla, e cercato la posizione più comoda sul piccolo sedile, ho incrociato le dita, e trascorso venti minuti dentro al traballante abitacolo, nella speranza che non succedesse niente. Un altro momento difficile è stato lo scorso settembre, durante la discesa del colle di Nava, verso Imperia. In una giornata di nubifragi da allerta meteo color arancio e con i fuoristrada della protezione civile schierati e pronti ad intervenire. Effettivamente fino a quel giorno, non mi era ancora capitato di guidare sotto la pioggia, quindi tutte le incognite erano al loro posto. Quale sarebbe stato il comportamento del mezzo? La casa sarebbe rimasta asciutta nonostante le bombe d’acqua? Ed io sarei stata capace di affrontare, senza eccessivi rischi, la ripida discesa con condizioni climatiche così avverse? Ero stanca, con già sei ore trascorse alla guida lungo le provinciali tra Piemonte e Liguria e la mia meta era il confine con la Francia. Giove pluvio ha fatto di tutto per rendere quelle ore ancora più faticose. Dopo Imperia, un simpatico benzinaio mi ha offerto riparo nella sua officina. Abbiamo bevuto un caffè e ci siamo raccontati storie e aneddoti delle nostre passioni motoristiche. Ne ho approfittato per fare il pieno e appena la pioggia è calata di intensità, sono ripartita perché si stava facendo buio e non volevo aggiungere un’altra incognita al mio viaggio. La pioggia è caduta per tutta la notte, ma era meraviglioso ascoltarne il suono, a volte intenso a volte delicato, mentre recuperavo le forze, ben all’asciutto, dentro alla mia “casetta” con un buon libro.
E quali progetti futuri hai in mente?
Nel mio futuro ci sono ancora tanti sogni che, come questo, prima o dopo si realizzeranno. Ci sono due lunghi viaggi ispirati da Paolo Rumiz. Il primo in Italia, lungo e a cavallo della dorsale appenninica; ed il secondo in Europa con un progetto di solidarietà ed educazione alla pace, magari in carovana, un piccolo sciame colorato e traballante. Quest’anno in primavera, è in programma una revisione e sistemazione del mezzo meccanico ed è già in cantiere la versione 3.0 della casetta. Sarà realizzata, sempre in legno, con pannelli più leggeri, una nuova livrea, una piccola veranda e dotata di pannelli solari per una maggiora autonomia. Anche l’interno verrà completato con la progettazione di un “angolo cottura e dispensa” che all’occasione possa essere facilmente estratto (senza dimenticare il posizionamento del WC chimico). In programma c’è, ai primi di luglio, un viaggetto in Sicilia, con un apenauta d’esperienza, Giorgio Martino (nel 1998 ha guidato da Lisbona a Pechino con ApeTM), poi ancora qualche scorribanda, a trovare amici sparsi per la penisola e l’Europa. Sono sempre alla ricerca di altri ApeCar, da trasformare e personalizzare, peccato che il costo per il passaggio di proprietà sia così alto. Tra qualche mese terminerà l’attuale rapporto di lavoro e chissà che ora, con una maggior consapevolezza, questa passione non sai in grado anche da darmi da vivere? Vedremo!
Se volete scrivere a Anna, questo il profilo su Facebook: https://www.facebook.com/anna.scavia.1
Bella realizzazione. Io ho fatto un camper ma su un ape50. Sentiamoci che mi piacerebbe scambiarsi qualche idea e magari fare dei viaggi insieme.
Il mio sito si FB è Ape 50 Camper, puoi vedere un po’ di viaggi che ho fatto.
Il 22 parto per una settimana per la Bosnia, Mediugorje, Mostar, Sarajevo, con un altro amico di Cuneo sempre con una ape 50.
Ciao.
Grazie a te! Sono contento che l’articolo si è rivelato utile!