Articolo 575 del Codice Penale: “Omicidio: chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”.
Non vi è alcuna distinzione se l’uomo sia cattolico, donna giovane, anziana, sposata, single, ebreo, alto, basso, campeggiatore, gay, trans, comunista, fascista e neppure se era un ballerino, una segretaria o un’insegnate. Nulla di tutto ciò, semplicemente un uomo o se preferite un essere umano. Eppure l’omicidio di Vincenzo è quello di un gay. Non riusciamo a dire “omicidio” punto! Nulla, dobbiamo per forza discriminare anche un morto. Dobbiamo per forza identificare il sesso, la razza, l’ideologia politica, quasi come se fosse una attenuante, un giustificare quella curiosità morbosa di curiosare nella vita altri e sentenziare. Perchè diciamolo, se internet ha sdoganato l’ignoranza, di certo i free-press (quei quotidiani distribuiti gratuitamente) hanno reso tutti tuttologi e giudici leggendo esclusivamente i titoli. Così un uomo ammazzato, tagliato a pezzi, sciolto con l’acido e murato nel pavimento, passa per un “gay ammazzato” e quanto scommettete che il seguito è “tanto quelli li sono deviati, cosa puoi aspettarti?”.