Una tappa enogastronomica molto particolare: la cucina etrusca servita al Resort Vulci in Maremma Laziale
Oggigiorno tutto ciò che è etnico incuriosisce, specie se parliamo di cucina. C’è sempre la fila fuori dai ristoranti cinesi, thai, indiani, giapponesi…ma c’è anche chi è legato a filo doppio alla tradizione enogastronomica di “casa nostra”, e difficilmente queste due visioni culinarie sembrano poter trovare un punto di incontro. Eppure non è così, perlomeno al Ristorante Agriturismo “Fonte Vulci”.
Resort Vulci: alla scoperta dell’Etruria
Il Resort Vulci è stata una tappa sia in camper (perché ha l’area camping adatta anche alle caravan) e sia in auto perché ci sono sei stanze dedicate agli ospiti. In entrambe le situazioni sono rimasto affascinato dal ristorante, dai piatti, dagli ingredienti e non ultimo dall’archeocuoco Pino. Iniziamo dall’ambiente che raccolto e realizzato in legno e pietra, che testimonia l’ambiente rurale. La vera svolta è quando aprite il menù dove trovate i piatti delle cucina etrusca. C’è forse qualcosa di più tradizionale ed al contempo innovativo? Fatevi spiegare dall’archeocuoco come sono realizzati, gli ingredienti e il perchè si utilizzano. Resterete a lungo a capire come nasce un piatto della cucina etrusca che non ha ricette, perchè di quella civiltà non ci sono scritti culinari, ma solo immagini e qualche scritto latino del III sec d.C.
“…All’inizio ti darò lattuga
Che fa bene per la pancia
E porro fatto a filetti con tonno conservato,
più grosso d’uno sgombro
guarnito d’uova su foglie di ruta;
e non ci mancheranno le altre uova
cotte sotto una cenere leggera
e una forma di cacio affumicata
del Velabro ed olive che han sentito
il freddo del Piceno. Questo basti
per antipasto. Vuoi sapere il resto?
Mentirò perché tu venga: conchiglie,
pesci, tette di scrofa, uccelli grassi
di cortile e palude, che perfino
Stella ti dà ben raramente a cena…”
Così Marziale in uno dei suoi epigrammi racconta la cucina etrusca, e così Pino e Ruta introducono la loro offerta culinaria.
E qui forse è giusto raccontare la passione e lo studio dietro la loro proposta. Studio, ebbene sì: dei piatti diffusi tra gli etruschi infatti non è rimasta altra traccia se non qualche rappresentazione pittorica su vasi e all’interno di tombe e qualche brandello di letteratura romana e greca. Alcuni studi sono poi stati condotti sui pochi residui di resine e alimenti ritrovati su utensili da cucina, altri direttamente sulle ossa dei defunti. Gli antropologi quindi, passo dopo passo, sono riusciti a tratteggiare l’alimentazione tipica etrusca, in parte basata sul consumo di cereali ed in parte con componente proteica animale. Si consumavano infatti frutta, verdura, legumi, carne suina, cacciagione e persino ghiri. Bizzarro, vero? Ma paese che vai, usanze che trovi. E lo stesso dicasi per i popoli. Ovini e bovini invece, animali senz’altro a noi più familiari, erano per lo più allevati per la produzione di latte e formaggi. Tantissime sono le piante aromatiche che si trovano mescolate in modo inusuale, ma su tutte prevale l’alloro. Pianta sacra per gli etruschi nonché simbolo di purificazione, era rinomato per le sue innumerevoli proprietà curative ed era anche indossato come corona perché, si dice, era in grado di alleviare i sintomi di un consumo troppo elevato di vino.
L’usanza di indossare corone di alloro si è conservata nel tempo dal passato fino ai giorni nostri, andando ad identificare dapprima le personalità più illustri e poi coloro che raggiungono il traguardo della laurea. Avete notato infatti che la parola “laurea” deriva proprio dal termine “laurus”, ovvero “alloro”? E’ proprio l’alloro la chiave di uno dei piatti tipici e storici proposti dal Ristorante Agriturismo “ Fonte Vulci”, il Porcellum Laureatum in dolce e forte. Si tratta di sezioni di carne di maiale cucinate ovviamente con alloro, ma non solo: a rendere più articolato e complesso il sapore del piatto anche vino, mosto cotto, aceto, fichi, prugne, miele, uvetta, melograno, semi di zucca, timo, ramerino. E non è finita qui, perchè il tutto viene accompagnato da lampascioni, bulbi selvatici diffusi nel periodo etrusco-romano e ora simbolo della Puglia. Pensate che una volta erano considerati afrodisiaci ed erano pertanto offerti ai novelli sposi durante la loro prima notte di nozze! Ma non scordiamoci del lato “dolce e forte” di questo piatto che ha una componente di cioccolato. Un altro piatto che incuriosisce è sicuramente la Tracta al capriolo con mortella.
Innanzitutto chiariamo cos’è la tracta: pasta a straccetti ottenuta da acqua e farina non lievitata, una volta utilizzata come pane. Presso il Fonte Vulci è servita condita con capriolo e mirto, quest’ultimo in forma di frutti o germogli a seconda della stagione. Ed è dato certo che tutti questi ingredienti erano largamente utilizzati in epoca etrusca. Ma non è tutto qui ovviamente, perché il menù proposto è ricco e variegato, e per giunta suggestivo. Non è forse insolito trovarsi di fronte carne alla griglia, ma se questa carne fosse cotta su un vero e proprio falò di legna, di quelli che si vedono in tv mentre si guardano i film su cowboy ed indiani…? Questo è proprio ciò che offre il Falò del brigante alla macchia vulcense. Per me uno dei piatti più oroginali e più digeribili a base di carne che ho sinora mangiato. Vi consiglio una visita presso il Ristorante Agriturismo “Fonte Vulci”? Ovviamente sì, anche già solo per la passione, la cura e l’attenzione che Pino e Ruta dedicano alla loro attività, in primis all’offerta culinaria. Naturalmente c’è molto di più da apprezzare del loro lavoro, e vi invito a scoprirlo di persona toccando con mano…e col palato. Di sicuro vivrete un’esperienza particolare e suggestiva e assaporerete la storia nel senso più vero del termine essendone protagonisti indiscussi. E scommetto che non rimpiangerete sushi e kebab, anzi…